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domenica 22 agosto 2010

Road to Iceland: 3° Giorno - Vulcano

Giornata a dir poco "nordica", ovvero prima c'è il sole, poi piove, dopodiche piove con il sole seguita poi da un vento gelido artico che porta la temperatura a 3° facendo nevischiare. In questo contesto ci aggiungiamo il vulcano ancora attivo citato da Jules Verne ecco fatto il mix ideale per ottenere immagini da romanzo "Viaggio al centro della Terra". Qui nella foto uno dei tanti viaggiatori in 4x4 che risale la scura terra sulle pendici del vulcano. Nella sera traferimento verso Nord, in questo momento vi scrivo da uno dei luoghi più solitari d'Islanda. Domani, sempre che riesca a connettermi vi saprò sapere dove siamo.

PS: dimenticavo, se vi troverete mai da queste parti non dimenticatevi il pin della carta di credito, altrimenti alcuni benzinai non vi faranno gasolio.

venerdì 21 agosto 2009

Alpi: Cambiamenti climatici

E' notizia di qualche giorno fa sull'Eiger si sta aprendo una fenditura di 300m di lunghezza sul versante Est che potrà far crollare al suolo 2 milioni di metri cubi di roccia, fortunatamente non colpiranno installazioni civili. Link alla news








Di queste notizie negli ultimi anni ne abbiamo sentite sempre di più, come mai? Il discorso se pur non cosi semplice è da imputare ai cambiamenti climatici. Il ritiro dei ghiacciai fa si che la roccia che prima era legata e sostenuta dal ghiaccio ora rimanga scoperta e libera di spostarsi. Inoltre le fessure oramai libere dai ghiacci continuano a modificarsi per effetto gelo/disgelo, provocando cosi un'erosione diversa da quella che normalmente si aveva in presenza del ghiacciaio, quindi una modificazione della stabilità del versante.

Riporto una conferenza del Prof. Beniston, dell'Università di Ginevra del 4 Aprile.

le Alpi possono essere considerate come una sorta di crocevia di diversi regimi climatici: quello polare, quello Atlantico, quello sahariano, quello mediterraneo e quello continentale. Nell'ultimo secolo, le temperature medie sulle Alpi sono aumentate maggiormente (circa 2°C) rispetto a quanto è accaduto sull'intero globo terrestre (0.8-1°C). Beniston è poi passato ad analizzare il dettaglio delle previsioni dell'IPCC (scenario A2, il più estremo, perché, come ha poi risposto ad una domanda del pubblico, è sempre meglio porsi nell'ottica del cambiamento più drastico, onde prevedere le conseguenze peggiori possibili) per quanto riguarda alcuni fenomeni particolari. Ad esempio, il numero di giorni con temperatura media superiore a 25°C a Ginevra passerà da quasi 40 (valore riferito al trentennio di riferimento 1961-1991) a quasi 80 (valore riferito al trentennio 2071-2100), mentre il numero di giorni con temperatura superiore ai 35 °C passerà da circa 1 a 13, valore simile a quello registrato nell'estate 2003.

Normalmente, quando fa più caldo, si ha maggiore evaporazione e, quindi, generalmente piove di più. Il problema è che l'incremento delle precipitazioni sulla superficie terrestre non sarà omogeneo: come aveva già fatto vedere Tibaldi nella scorsa conferenza, le regioni poste a latitudini subpolari o alle alte latitudini sia nell'emisfero boreale che in quello australe subiranno un sensibile incremento delle precipitazioni, mentre nelle zone subtropicali ci sarà invece una sensibile diminuzione. Le previsioni per quanto concerne le Alpi, in particolare, fanno vedere una distribuzione stagionale delle variazioni di precipitazione molto peculiare: un incremento netto in inverno, un leggero aumento in primavera, una drastica diminuzione in estate ed una diminuzione anche in autunno, sia pure più ridotta. Quattro diversi modelli, utilizzati anche per la stesura del rapporto dell'IPCC, confermano, pur con qualche lieve variazione, queste previsioni, che possono quindi essere considerate plausibili.

Gli impatti sulle Alpi, ha continuato Beniston, coinvolgeranno diversi aspetti: l'idrologia, l'idrosfera, gli ecosistemi, il settore energetico, il turismo, l'agricoltura e le infrastrutture. Un esempio tipico è quello che riguarda la variazione della durata dell'innevamento sulle Alpi, che coinvolgerà praticamente tutta la Svizzera: praticamente, secondo le previsioni relative allo scenario A2 dell'IPCC, a causa dell'incremento di temperatura (+4°C) e nonostante l'incremento invernale delle precipitazioni (+10%), le regioni svizzere situate ad un'altitudine inferiore a 1000 m circa rimarranno senza copertura nevosa.

Beniston si è poi soffermato sul discorso del ritiro dei ghiacciai: ha ricordato che le Alpi svizzere possono essere considerate come una riserva d'acqua per tutta l'Europa, dal momento che il 67% dei bacini alpini coinvolti convoglia l'acqua nel fiume Reno verso il mare del Nord, il 18% nel Rodano verso il Mediterraneo, il 10% nel Ticino verso l'Adriatico e infine il 5% nei fiumi En e Inn verso il Mar Nero. Ebbene, considerando le variazioni indotte dai cambiamenti climatici entro il 2100 nel runoff superficiale (cioè l'acqua di scorrimento che va a formare i fiumi), si può notare come, per quanto riguarda i bacini del Rodano del Reno, sia da prevedersi un cambiamento totale della distribuzione della portata dei fiumi durante l'anno. Se infatti attualmente il picco della portata si rileva nel periodo compreso tra giugno e agosto, ad opera dell'acqua di fusione dei ghiacciai, nel 2100 il picco della portata sarà invece osservato nei mesi compresi tra gennaio e marzo, con portate molto esigue durante i mesi estivi. Secondo Beniston, l'unico dato positivo sarà quello legato alla variazione delle precipitazioni estreme sulle aree alpine: infatti, se attualmente il picco di precipitazioni estreme si verifica prevalentemente in estate, alla fine del ventunesimo secolo le precipitazioni estreme saranno più frequenti nelle stagioni primavera e autunno; tuttavia, in queste stagioni la temperatura è inferiore rispetto all'estate, cosicché è probabile che, durante le precipitazioni, la soglia della neve sia sufficientemente bassa per diminuire il rischio o la gravità degli episodi alluvionali. Nonostante questo piccolo aspetto positivo, i cambiamenti climatici, e in particolare l'incremento di temperatura, provocheranno una migrazione degli ecosistemi verso altitudini più elevate, per cui, sulle montagne, si assisterà ad una graduale colonizzazione delle quote più elevate da parte della vegetazione, mentre i ghiacciai si ritireranno a quote ancora più elevate, oppure spariranno.

Beniston ha poi mostrato gli andamenti relativi all'ultimo secolo della temperatura misurata a Basilea, posta a 317 m sopra il livello del mare, facendo vedere come, dal 1985, si siano registrati: le sei primavere più calde, le otto estati più calde, i sei autunni più caldi e i sei inverni più caldi. Beniston ha poi mostrato due grafici esemplificativi, nei quali erano presenti gli andamenti delle temperature medie mensili registrati nel trentennio di riferimento 1961-1990 e di quelle previste nel trentennio 2071-2100. Nel primo di essi si osserva come le temperature registrate nell'autunno 2006 sembrino molto più simili al clima di fine secolo rispetto a quello attuale, e la stessa cosa avviene nel secondo per quanto riguarda le misure dell'estate 2003. Queste considerazioni portano Beniston a concludere che le recenti stagioni record possono essere usate come esempi delle condizioni che, molto probabilmente, costituiranno la norma nel 2100. Gli impatti sull'ambiente e sulle condizioni socioeconomiche di questi periodi anormalmente caldi possono pertanto essere studiati sulla base di queste stagioni recenti, in maniera tale da pianificare in anticipo i progetti e le infrastrutture sulla base degli impatti attesi, in modo da minimizzare i rischi associati con stagioni eccessivamente calde.

Beniston ha quindi concluso affermando che, a livello intuitivo, a fine secolo ci si aspetta che 6 inverni su 10 saranno simili all'inverno 2006-2007, 7 primavere su 10 saranno simili alla primavera del 2007, 5 estati su 10 saranno simili all'estate del 2003, e 6 autunni su 10 saranno simili all'autunno del 2006.


lunedì 28 luglio 2008

Vita fra i ghiacci

O meglio, quel che ne rimane....

Sistemando l'archivio, mi sono capitare fra le mani un po di immagini "storiche" ovvero quelle degli inizi della mia passione fotografica (quindi non badate alla qualità, in certe avevo 11 anni)

Tutte le volte che rivedo un ghiacciaio non posso fare a meno di pensare l'ultima volta che c'ero stato




Tutte le volte mi accorgo che tutto cambia con una rapidità eccezionale. Prima camminavo mezz'ora ora cammino 20 minuti di più. Ricordo morene belle piatte e facili da attraversare dopo un po di anni mi tocca percorrere dei labirinti di crepacci.


Notarsi come la Mer de Glace, abbia perso volume in 17 anni la metà della lingua se ne andata.


Fortuna vuole ho sempre tenuto traccia dell'anno di realizzazione delle fotografie, molti sono negativi che ho conservato bene, tanto da sembrare nuovi ancora oggi dopo 20 anni.





Poi c'è anche un po di storia recente, molti ghiacciai, quelli piccoli si ritirano più velocemente, basta una o due annate calde e il fenomeno si osserva più facilmente. Qui sopra la vedretta di Caspoggio in zona Bernina nel giro di 4 anni.



Certi ghiacciai sembrano quasi uguali, ma se si guarda attentamente noterete, meno volume e parti di roccie che prima erano coperte dai ghiacci.

Avrei molte altre immagini da farvi vedere, ma credo che già queste (prese un po a caso) siano significative.


A vedere le previsioni climatiche è ben difficile dire se scompariranno o no, si spera sempre in un inversione di tendenza. Vedremo se nei prossimi anni la recrudescenza dei fenomeni climatici causerà maggiori accumuli nevosi sui bacini glaciali.


Vi lascio un link http://torino.repubblica.it/dettaglio/I-20-anni-che-sconvolsero-lesistenza-dei-ghiacciai/1493688 scritto dal metereologo Luca Mercalli. Fra l'altro parla proprio del ghiacciaio Pre de Bar (dove ho imparato a far piolet traction), visibile fra le foto.