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lunedì 2 ottobre 2017

Arrampicande: L’impossibile diventa possible.

Rendere possibile l’impossibile: due alpinisti disabili alle prese con nuove vie di arrampicata sportiva nella valle del Rurec, in Perù

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Arrampicande è un progetto nato da un’idea di Pietro Rago per l’organizzazione di spedizioni alpinistiche che coinvolgano persone diversamente abili nella realizzazione di nuove salite sulle montagne del mondo.

La prima spedizione si è svolta nella Quebrada Rurec (Cordillera Blanca, Perù) dal 3 al 20 agosto 2017.

Hanno fatto parte del gruppo Pietro Rago, capospedizione, Silvia Parente (48 anni, non vedente pluricampionessa olimpica di sci e mondiale di arrampicata), Kevin Ferrari (25 anni, triatleta, amputato sopra un ginocchio in seguito a incidente automobilistico), supportati da 9 alpinisti (in ordine alfabetico: Raffaele “Fischer” Agazzi, Carolina Busseni, Riccardo Colosio, Sandro De Toni, Lorenzo Migliari, Luca Ranghiero, Elena Robusti, Luca Sossi “Sox”, Ralf Steinhilber).

Fotogruppo

La documentazione della spedizione, che prevede l’uscita di un film entro fine 2017, è stata affidata all’alpinista film-maker Mirko Sotgiu (Alpinfoto) assistito dall’alpinista, speleologo ed esperto di sicurezza in fune Giovanni Foti.

Il campo-base della spedizione è stato fissato a 4.000 m di quota sotto la mole dello Chaupi Huanca, o Punta Numa, su cui salgono svariati itinerari di forti alpinisti, tra i quali R. Iannilli, i Ragni di Lecco (Qui Io Vado Ancora) e i fratelli Pou (la recentissima Zerain).

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Durante la spedizione sono stati effettuati tre tentativi:
– il primo – La Vendetta degli Apu (VI+ e A1, 125 m – Avancorpo est dello Shaqsha, proprio di fronte allo Chaupi Huanca) interrotto per difficoltà ambientali, in quanto la linea individuata saliva fessure rivelatesi troppo sporche),
– uno da concludere – TanaLiberaTutti (VII+ e A1, 190 m – Chaupi Huanca Norte);
– e un terzo portato a termine – La Fiamma Bianca (VII e A1, 370 m – Avancorpo Est dello Shaqsha).

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Le vie seguono per lo più linee di placca: purtroppo le fessure, erbose o intasate di terra secca pressata, si prestano poco ad accogliere protezioni mobili. Per l’apertura sono stati utilizzati – pur con dubbi tecnici ed etici – multi-monti da 6 mm lungo i tiri e fix da 12 mm alle soste. Le cordate sono salite utilizzando la tecnica delle corde fisse, non avendo attrezzatura e mezzi per lo stile capsula adottato su Zerain dai fratelli Pou, in valle poco prima e poco dopo “Arrampicande”.

Gli atleti disabili sono saliti da secondi, assicurati su corde statiche e supportati in salita e in discesa da Lorenzo (per Silvia) e Riccardo (per Kevin). Una tecnica studiata da Giovanni Foti ha ridotto al minimo i rischi che in calata le corde, sfregando sulla roccia, si tranciassero.

La Fiamma Bianca è stata salita da Silvia fino a S4.
Purtroppo Kevin, più volte colpito da febbri causate dall’alternanza tra le basse temperature notturne e il torrido Sole equatoriale d’alta quota, si è dovuto accontentare di tre tiri di Furgonauti allo Sbaraglio (VII-, 6 lunghezze sulle prime placconate granitiche che si incontrano salendo sulla dx orografica della Valle; la via è stata iniziata da Pietro Rago e conclusa da Alessio Avallone durante precedenti spedizioni in Rurec).

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Furgonauti allo Sbaraglio è stata salita per allenamento anche da Silvia (fino a S4). Inoltre lei, Lorenzo, Fischer, Carolina, Luca Sox, Luca Ranghiero e Ralf hanno arrampicato su una via di nome ignoto (VII) sulle magnifiche placche che si trovano sulla sx orografica all’ingresso della Valle.

Durante la permanenza in Quebrada Rurec il team si è dedicato anche a risistemare un monotiro di diff. 6b+/6c aperto da Pietro nel 2006 sugli strapiombi a dx dell’attacco del Ritorno degli Apu e a pulire svariati boulder di difficoltà comprese tra il 5+ e il 6c nei pressi del campo-base e sulle spianate più a Nord.

Secondo gli organizzatori è stato di per se un successo per la spedizione arrivare in Valle; riuscire a scalare sulle placche presenti in Quebrada Rurec è stata la coronazione di un sogno. Il gruppo spera che il progetto possa avere un futuro e possa garantire anche ad altre persone con diversa abilità la possibilità di partecipare a una spedizione alpinistica extraeuropea.

Il team è stato seguito nella preparazione medica da Spedali Civili di Brescia, reparti di Pneumologia (Gundi Steinhilber) e Cardiologia (Davide Fabbricatore, Annunziata Cotugno, Enrico Vizzardi). Gli esiti dei monitoraggi pre e post spedizione, se significativi, potranno essere oggetto di una pubblicazione scientifica sull’adattamento all’alta quota in brevi spedizioni alpinistiche di sportivi non professionisti.
Kevin ha scalato con una speciale protesi realizzata, per la spedizione da Marco Avaro di Porzio Lab.

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Sponsor della spedizione sono: Crimson Snow, Brescian Grana, Essse Caffè, EFB Trading, Conemar Shipping e Chartering, Whitford. Sponsor tecnici: Porzio Lab, Wildclimb, Kask, Mad Climbers, CityClimb.

Arrampicande è organizzata da Fondazione Per lo Sport Silvia Rinaldi e patrocinata dal Comune di Toscolano Maderno (BS).

Ulteriori info sulla spedizione sono reperibili:

– sul sito Arrampicande e sulla pagina facebook della spedizione:;
– sul sito della Fondazione Silvia Rinaldi;
– sul sito Alpinfoto;
– sul canale youtube di Ralf Steinhilber;
– sul blog di Sandro De Toni.

Fotografie sono disponibili su: http://ift.tt/2hFH1gQ
Altre fotografie su richiesta. Interviste con i protagonisti su richiesta.

Info e contatti:

Fondazione Per lo Sport Silvia Rinaldi (Lorenzo Migliari – cell +39 328 1323348 – email: info@fondazioneperlosport.it

Ufficio stampa

Mirko Sotgiu – cell +39 328 927 53 53 – email: info@alpinfoto.it
Laura Bresciani – cell +39 347 040 0858

 

Seguono dettagli tecnici delle nuove vie aperte.

 

La Fiamma Bianca
Steinhilber, De Toni, Sossi, Fischer – VII e A1 (370 m)

Avvicinamento – Raggiungere un muro a secco divisorio a circa metà Quebrada e puntare per prati e bosco rado a un’evidente pilastro di granito bianco sull’avancorpo Est dello Shaqsha più o meno sulla verticale della linea di confine

Attacco – Nel punto più basso del pilastro

L1 – Per successivi risalti a gobbe in lieve obliquo prima a dx e poi a sx (VI+ – 55 m) (Steinhilber);
L2 – Diritti e in obliquo a sx per vena a tratti scivolosa, sostando qualche m sotto una fascia strapiombante (VI+/VII- – 45 m) (Steinhilber)
L3 – Continuare in obliquo a sx per la vena fino a poter traversare a sx per conca a una zona vegetata; di qui diritti e a dx alla sosta; discreto runout (VII- o VI+/Ao – 30 m) (Steinhilber)
L4 – A dx della sosta, diritti e ancora a dx per bella placca articolata; protezioni distanti, quarta non facilmente individuabile (VII- o VI e Ao – 50 m) (Steinhilber)
L5 – A dx della sosta e diritti per diedro col fondo vegetato; sosta a una cengia con due Queñoe; 1 p. non provato in libera, ma a occhio di difficoltà abbordabili (VI+ e Ao – 40 m) (De Toni);
L6 – Diritti per diedro strapiombante (Ao – 7a?), poi appena a sx, di nuovo diritti per zolle erbose a una Queñoa, di qui appena a dx, ancora diritti e a dx prima per zolle e poi per placca/rampa inclinata a dx; si aggira sulla sx una pianta e si risale per placca muschiosa alla sosta alla base degli strapiombi sommitali (VI- e A1 – 60 m) (Steinhilber)
L7 – Raccordo: a dx della sosta fino a entrare nel camino che si segue fino alla prima protezione sulla parete di sx (nel senso di marcia) (III – 25 m) (De Toni)
L8 – Diritti e in lieve obliquo a dx per strapiombo manigliato e fessure stondate; al termine della seconda fessura a dx per cengia; quindi di nuovo in obliquo e in traverso a sx fino alla sosta; 2 fori per multimonti dovuti a errore di chiodatura; 1 foro per multimonti fatto scopo chiodatura, ora inutile; integrare con BD 1, 0.5, 3 (VII e A1 – 25 m) (De Toni)
L9 – A sx della sosta poi in obliquo a dx per rampa alberata; al suo esaurirsi per facile muro a funghi a sx fino a un blocco che fa da ponte sul sottostante camino; lo si attraversa verso dx, si supera un breve muro e si torna a sx oltre un arbusto, riattraversando anche il camino per ponte di terra; sosta sul bosco sommitale; lasciato a un albero 1 cordone rosso di sosta (IV – 60 m) (De Toni)

Discesa – Dalla sommità scendere per prati verso S (sx nel senso di marcia); quando i prati digradano in parete, piegare a dx (senso di marcia) ed entrare nella rampa boscosa; a una fascia rocciosa prima CD (20 m); al suo termine a dx sul fondo del canale che delimita a dx la rampa; lo si segue fino a un salto (seconda CD, 15 m; cordone lasciato); sempre per canale o per bosco alla sua dx (orografica e nel senso di marcia) si perviene sulle placche della via poco sotto S2; 2 CD (30 e 45 m) su alberi; in alternativa mantenersi a dx delle placche e scendere a piedi alla base della parete.

È anche possibile calarsi da S7 (S7, S6, S5, S4, S2, S1); attenzione alla doppia da S6: la corda andrà di sicuro ad appoggiarsi sul tronco dell’albero sotto la sosta; S1 su 2 multimonti.

 

La Vendetta degli Apu
De Toni, Colosio, Sossi – VI+ e A1 (125 m)

Avvicinamento – Dalla zona prativa alla base di punta Numa puntare a un evidente colatoio sopra strapiombi sul versante opposto (dx orografica) di Quebrada Rurec (avancorpo est dello Shaqsha).

Attacco – Lungo una fessura erbosa a dx di un evidente zona strapiombante

L1 – Salire la fessura strapiombante, a tratti ripulita, tenendosi a sx di una Queñoa De Altura (Polylepis Tomentella) per proseguire, sempre in fessura, fino a una cengia alberata (grande esemplare di Polylepsis sulla sua sx) (VI+ e A1 – 30 m); 7 fori per moltimonti; fr BD 0,50, 0,75; 1, 2, 3,sosta lasciata (De Toni);
L2 – Proseguire verso sx per rampa erbosa a dx della Queñoa fino a un camino con abbondante terra oltre il quale si traversa a sx fino a un terrazzo granitico a dx dell’evidente colatoio obiettivo del tentativo; 1 multimonti (IV – 40 m) (De Toni);
L3 – In discesa e in traverso a sx fino a un primo e a un secondo diedro inclinati a dx; seguire il secondo e rimontare a sx a un terrazzino (VI- – 25 m); fr BD 0.3 e 0.5; sosta lasciata (De Toni);
L4 – A dx e diritti per strapiombo a fessurazioni orizzontali ripulite e rigole intasate di fango pressato; fino a un multimonti con maillon rapide di calata; 6 buchi per Multimonti, fr BD da 0.5 a 3; 1 foro per multimonti fuori linea a dx per errore di tracciato (De Toni).

 

TanaLiberaTutti

Steinhilber, De Toni, Sossi, Colosio – VII+ e A1 (190 m)

Avvicinamento – Dal campo base sotto Punta Numa salire in direzione N per facili pendii erbosi e radi boschi il pendio sulla sx orografica della valle puntando alla parete [non so come si chiama]

Attacco – Alla base di una vaga conca articolata che punta al tetto mediano di dx dei due che tagliano la parete

L1 – In obliquo a sx per rocce articolate aggirando una banca erbosa basale, quindi diritti e in obliquo a dx; a una vena che taglia la placca da dx a sx si riprende a obliquare a sx; per fessurino diritti alla sosta (VII- – 40 m) (De Toni, Steinhilber)
L2 – Diritti sopra la sosta fino a una conca con fessurino sulla dx; seguire il fessurino fino a una conca soprastante (VII- e A1 – 30 m); necessario 1 microfriend (Steinhilber)
L3 – In lieve obliquo a sx seguendo le zone più articolate della parete puntando a una cengia a dx di un grande ciuffo d’erba visibile da sotto (VI+/VII- – 30 m); 1 multimonti tolto dopo sostituzione del precedente con fix da 12 mm (De Toni)
L4 – In obliquo a sx per vena, diritti per diedro articolato e di nuovo in obliquo a sx e diritti fino alla sosta (VII- – 30 m) (Steinhilber)
L5 – Diritti sopra la sosta, superando un tettino; quindi in obliquo a sx per vena fino a una costola; di qui in traverso a sx tagliando uno strapiombo sulla sua sx, in obliquo a sx, a dx e di nuovo a sx su magnifica placca nera (1 p. Ao e VII+ – 40 m) (Sossi)
L6 – Diritti sopra la sosta per placca compatta fino al bordo del tetto soprastante (fix del 12 alternati a buchi per talon) (A1 – 20 m) (Steinhilber)

Discesa – Doppie: S6, S5, S4, S3, S2



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mercoledì 27 settembre 2017

International Mountain Summit ai nastri di partenza

Un appuntamento imperdibile per gli alpinisti e gli amanti della montagna l’IMS partirà il 9 ottobre e fino al 15 ospiterà eventi, conferenze, escursioni e molto altro a Bressanone.

La città tornerà nuovamente ad essere la capitale dell’alpinismo ospitando alpinisti come Reinhold Messner e Peter Habeler. Non solo durante il summit sarà possibile partecipare a diversi camp specialistici tenuti da esperti, ricercatori, filosofi e sportivi.

IMS 2014 Discusison Cerro Torre ©Elena Dmitrenko-RISK onsight248_webIMS 2014 Discusison Cerro Torre ©Elena Dmitrenko-RISK onsight

 

IMS inizierà con l’anteprima mondiale del film “Der heillige Berg – Ama Dablam” (La montagna sacra – Ama Dablam), il secondo lavoro da regista di Reinhold Messner che inaugurerà lunedì 9 ottobre sera il festival.

IMS 2014 Talk _Blind Date_Saal ©Dario Piller-IMS (4)245_webIMS 2014 Talk _Blind Date_Saal ©Dario Piller-IMS (4)

Martedì 10 sarà di scena la solidarietà con Charity Night il cui incasso sarà devoluto interamente al progetto “Schneetiger” di Laureus Sport for Good Foundation. L’obiettivo principale dell’organizzazione è di permettere l’accesso agli sport invernali ai bambini e giovani con disabilità. Sul palco si alterneranno il campione paraolimpico e del mondo di paraciclismo Michael Teuber e il Ministro dello Sport l’onorevole Luca Lotti.

Il mercoledì, 11 saranno protagoniste la fotografa Paola Marcello e la modella e base jumper Roberta Mancino. Entrambe presenteranno sul palco dell’International Mountain Summit le loro storie che hanno in comune la passione per il proprio lavoro e la Montagna.

IMS 2014 Walk Day ©Stefania Ventura (18)246_webIMS 2014 Walk Day ©Stefania Ventura (18)

Giovedì 12 lo scrittore di best seller tedesco Florian Langenscheidt condividerà con il pubblico. le sue ricerche sul tema della felicità. La stessa sera l’alpinista Peter Habeler festeggierà i suoi 75 anni raccontando le sue imprese.

Venerdì 13  l’attore Samuel Koch racconterà la sua incredibile vita sulla sedia a rotelle e il geografo e fotografo Michael Martin mosterà le sue esplorazioni di paesaggi e ambienti dei deserti e delle regioni polari della nostra Terra.

IMS 2014 Walk Day_Peter Habeler, Komperdell ©Elena Dmitrenko-RISK onsigh...247_webIMS 2014 Walk Day_Peter Habeler, Komperdell ©Elena Dmitrenko-RISK onsigh...

IMS si concluderà sabato 14 ottobre con la premiazione del IMS Photo Contest http://ift.tt/2hyYsfe e la serata con il climber americano Alex Honnold considerato uno degli arrampicatori in “Free solo” più forti del mondo.

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Calendario dei camp specialistici http://ift.tt/2hz1rrT

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Maggiori informazioni sul sito www.ims.bz



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sabato 2 settembre 2017

Workshop e trekking fotografico in Valle Stretta

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Trekking Fotografici organizza:

Un programma fotografico dedicato a chi ama la fotografia di paesaggio autunnale. Valle Stretta, una piccola valle, un’enclave italiana in territorio francese,ma splendidamente ricca di laghi e fiori.
Mèta ideale per alpinisti,rocciatori ed escursionisti. Anche le famiglie possono godere ampiamente dei tesori che questa valle, inserita all’interno di un’area protetta,sa offrire a tutti.

Il trekking fotografico prevede un tour di due giorni con fotografo professionista alla scoperta della Valle Stretta e i suoi lussureggianti laghi. I temi trattati durante le pause organizzate durante le due giornate verteranno la fotografia di paesaggio di giorno e notturno. Dedicheremo tempo nel realizzare immagini creative dei laghi che incontreremo lungo il percorso e ci dedicheremo alla fotografia di reportage cercando di raccontare le nostre esperienze, ciò che incontreremo, anche in modo creativo.

Temi e soggetti del trekking

Fotografia di paesaggio autunnale
Fotografia di reportage
Fotografia notturna
Fotografia di laghi
Fotografia al tramonto e alba

Informazioni e prezzi su: http://ift.tt/2vePcCB



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venerdì 19 maggio 2017

Quechua Escape 50: Uno zaino multi uso per il backpacker amante della fotografia

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L’eterno dilemma degli appassionati di lunghi trekking in giro del mondo appassionati di fotografia è lo zaino. Prima di ogni viaggio che sia di 3 giorni o di un mese, il problema è sempre quello: Che zaino mi porto? Se si sceglie uno zaino fotografico, finisce che tutto quello che ti serve per vivere, esempio il sacco a pelo, la tenda o semplicemente una giacca o la bottiglia d’acqua, non  si riesce a stivarlo neanche nel più capiente e tecnico degli zaini fotografici. Dall’altra parte uno zaino da escursionismo, non ha abbastanza tasche, scomparti in cui riporre macchina fotografica, filtri e obbiettivi.

Un grosso problema, che non è facile da risolvere e alla fine si scende sempre a compromessi. Il gioco si fa più duro quando invece di due o tre giorni di trekking si passa ad intere settimane. Il materiale fotografico diventa solo una minima percentuale del totale peso dello zaino.

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Alla fine del confronto tra zaini fotografici e zaini da trekking, la vittoria va verso quest’ultimi sia per volume che per organizzazione delle tasche. Una delle soluzioni che mi sento di proporre per lunghi trekking, magari con tenda e sacco a pelo, è quella di scegliere zaini da backpacking, ovvero quei prodotti pensati per il viaggiatore che non vuole altri bagagli al seguito se non solo uno zaino in spalla. Una filosofia di vita, sotto un certo verso, ma anche la soluzione più versatile e veloce per chi ama viaggiare e fotografare senza fermarsi, portando sempre tutto con se.

Tra gli zaini da backpacking, ad un prezzo decisamente concorrenziale, ne troviamo uno  che abbiamo provato recentemente in un viaggio alle CinqueTerre in Liguria:

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Quechua Escape 50 di Decathlon. La situazione è quella classica, un giro a tappe di 5 giorni, di paese in paese a piedi, seguendo sentieri di ogni genere a picco sul mare e in quota tra i monti. Sono molte le tappe sia in natura che in mezzo ai paesi, un sali e scendi continuo alla ricerca dello scorcio inedito e l’ora migliore per fotografare. Impossibile muoversi se non con uno zaino capiente dove portare tutto con noi, perché ogni giorno si dorme in un posto diverso.

Escape 50 (esiste anche la versione 70) anche se non è un prodotto di punta iper-specifico (il peso di 2Kg non lo rende adatto a trekking impegnativi in alta quota) si adatta bene invece a tutte quelle situazioni che gli inglesi amano chiamare “Travel and Leisure”, quindi trekking come la Via Francigena, il Cammino di Santiago e tantissimi altri cammini o il semplice trasferimento di città in città con i più diversi mezzi di trasporto.

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Dal buon rapporto qualità prezzo, Escape costa 109,99€ nella versione da 70 litri, 89,99€ quello da 50 litri, dimostra di essere un prodotto con delle innovazioni molto utili, anche per come abbiamo potuto testare adatte alla fotografia in viaggio.

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E’ molto resistente, la cordura di cui è tessuto è testata, come dichiarato dal produttore fino a 10000 volte contro l’abrasione. Una copertura, fornita con lo zaino, che funge anche da sacca da trasporto come borsa, protegge lo zaino dalla pioggia in modo efficiente, salvando così dall’umidità il nostro prezioso carico.

L’apertura è a valigia. Possiamo decidere come aprire lo zaino mentre camminiamo, ma all’occorrenza si può aprire completamente a libro. Questo facilita molte operazioni come togliere e mettere la giacca o preparare in modo ordinato la sacca. Per la parte fotografica abbiamo valutato di stivare macchina e obbiettivi (ogni obiettivo separato e protetto in una sua sacchetta imbottita che non è fornita con lo zaino) nello scomparto in basso divisa dal resto dello zaino. Questo spazio può ospitare 2/3 obiettivi e una macchina fotografica, esempio un medio teleobiettivo, due grandangoli e una reflex professionale. Se non basta, per esempio un lungo teleobiettivo può essere posizionato nello scomparto principale. Filtri, flash e altri accessori possono essere posizionati in una delle sacche a cerniera frontali esterne, molto capienti.

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Per come è realizzato lo zaino sia lo scomparto in basso che le altre parti sono ben protette ed imbottite, chiaro non ci troviamo davanti ad uno zaino fotografico, quindi è bene stivare obbiettivi e accessori protetti dalle loro custodie.
I 50 litri dell’Escape 50 sembrano molti di più. Una volta caricato il corredo fotografico abbiamo ancora spazio per una giacca a vento imbottita, la bottiglia d’acqua (o la sacca camelback) e i viveri, il sacco a pelo, un piccolo computer o tablet oltre altri beni di necessità.

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Il cappuccio dello zaino è molto capiente ed è estraibile, quindi utilizzabile come borsa a tracolla, dove tenere documenti, telefono etc etc. Nel nostro caso abbiamo inserito qui un iPad3, documenti di viaggio, le batterie del telefono e reflex. Se lasciate lo zaino in albergo o ostello, potete mettere al sicuro il contenuto dello zaino lucchettando le grandi cerniere.

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Se avete dei dubbi sugli spallacci, abbiamo provato lo zaino con circa 22Kg di materiale, per cinque giorni alla media di 8 ore di cammino al giorno. Le dimensioni e la consistenza degli spallacci non ha creato problemi alle spalle, anche se consigliamo di viaggiare con meno peso se non siete abituati. Inoltre le fasce laterali all’altezza delle anche sono generose e in grado di bilanciare bene il peso sulla schiena (una delle quali può contenere un telefono). Le regolazioni dell’Escape 50 sono pratiche e veloci, regolabili anche mentre si cammina.

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Se vi state preparando per il trekking estivo di più giorni a spasso per il mondo e la vostra passione è il viaggio a piedi, questo zaino è un buon prodotto dal prezzo contenuto che ben si adatta a diverse esigenze.

Link al prodotto su Decathlon: http://ift.tt/2qClEzp



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sabato 6 maggio 2017

Vincitori del Trento Film Festival 65 edizione 

Proclamati i film vincitori della 65° edizione del Trento Film Festival. La giura internazionale composta da Timothy Allen, Gilles Chappaz, Fridrik Thor Fridriksson, Anastasia Plazzotta e Andrea Segre, ha assegnato le Genziane del 65. Trento Film Festival. Questa sera alle ore 20:30 presso il Supercinema Vittoria la consegna dei premi.

Genziana d’oro miglior film – Gran Premio città di Trento, per il 2017 è stata assegnata al film di Samuel in the clouds del belga Van Eecke.

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Genziana d’oro per il miglior film di alpinismo a Dhalaugiri ascenso a la Montaña Blanca

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Genziana d’oroper il miglior film di esplorazione avventura a Diving into the unknown.

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Le Genziane d’argento per il miglior contributo tecnico-artistico e miglior cortometraggio assegnate rispettivamente a Life in four elements e a The Botanist.
Premio della Giuria a Gulîstan, land of roses.
Menzione speciale a Becoming Who I Was

Seguono le motivazioni della giuria:

Samuel in the clouds

“Un personaggio unico e universale allo stesso tempo, raccontato con grande coerenza estetica e profondo rispetto umano, in uno stile documentario puro e onesto che ci aiuta a riflettere su un tema di grande urgenza”.

Il film di Van Eecke racconta la storia di Samuel, l’anziano gestore della stazione sciistica del monte Chacaltaya in Bolivia, una delle più alte al mondo, ormai dismessa a causa della scomparsa delle nevi perenni dovute all’assenza di precipitazioni e all’aumento delle temperature anche durante il periodo invernale. Ma Samuel, nonostante le previsioni negative dei climatologi, non demorde e spera sempre in un ritorno della neve, accogliendo ogni giorno i turisti in arrivo da tutto il mondo, attratti dal meraviglioso panorama che si domina dalla cima della montagna, portando avanti la sua attività con amore, semplicità e passione, così come ha fatto per decenni. Aspettando e sperando di vedere nuovamente imbiancata la “sua” montagna.

Dhaulagiri, ascenso a la Montaña Blanca

La Genziana d’oro miglior film di alpinismo – Premio del Club Alpino Italiano è stata invece assegnata al documentario Dhaulagiri, ascenso a la Montaña Blanca di Christian Harbaruk eGuillermo Glass (Argentina, 2016) con la seguente motivazione: “Tra i pochi film del concorso in questa categoria, la Giuria ha voluto dare un riconoscimento all’umiltà, alla sobrietà e alla correttezza etica con cui il regista e i protagonisti hanno ricostruito la loro drammatica spedizione in stile alpino”. Il film racconta la storia di quattro amici argentini, Guillermo, Christian, Sebastián e Darío, che decidono di girare un documentario sulla loro ascesa al Dhaulagiri. Ma Darío muore durante il tentativo di raggiungere la vetta in solitaria.

Diving into the unknown

Il premio Genziana d’oro miglior film di esplorazione o avventura – Premio Città di Bolzano è andato al documentario Diving into the unknown di Juan Reina (Finlandia, 2016). La giuria ha assegnato il premio con la seguente motivazione: “Quando un’avventura sportiva si trasforma in dramma ci si chiede quale sia il senso di una passione comune e come si possa mettere la propria vita in gioco per amicizia e rispetto reciproco. Un film che esplora le profondità dell’animo nordico, una lezione sulla cultura dell’impegno. Una storia incredibile, straziante e coinvolgente”.

L’opera racconta il tentativo effettuato da cinque speleo sub finlandesi di portare a termine la più lunga immersione subacquea della storia all’interno di una grotta sommersa in Norvegia, ma la missione ha un esito tragico e solleva pesanti interrogativi sul senso di una disciplina così estrema.

Life in four element

La Genziana d’argento miglior contributo tecnico-artistico è stata assegnata a Life in four elements di Natalie Halla (Finlandia/Austria/Spagna,2017) con la seguente motivazione: “Un’eccellenza tanto tecnica quanto artistica, una meravigliosa fusione tra racconto epico e intimi incontri, visivamente incantevole”.

Il film narra quattro storie esemplari, quella di un’apneista, un vigile del fuoco, un alpinista e uno speleologo che descrivono il rapporto dell’uomo con i quattro elementi.

The Botanist

La Genziana d’argento miglior cortometraggioè andata a The Botanist di Maxime-Lacoste Lebuis e Maude Plante-Husaruk (Canada/Tagikistan, 2017) con la seguente motivazione: “L’intenso ritratto di un uomo la cui storia non è solo personale ma è quella di un intero paese. Il potente ritratto di un villaggio remoto che per trenta minuti diventa il centro del nostro mondo, nel quale vorremmo rimanere più a lungo, insieme al protagonista, senza dimenticare che “non è dalla sua fronte che si possono giudicare i pensieri di un uomo”.

L’opera racconta la storia di Raïmberdi, un anziano botanico che ha perso tutto e si è trasferito con la sua famiglia sulle brulle montagne del Pamir. Nei momenti liberi l’uomo cataloga rare specie di piante con una splendida grafia.

Premio della giuria: Gulîstan, land of roses

Il Premio della Giuria è andato a Gulîstan, land of roses di Zaynê Akyol (Canada/Germania,2016). La motivazione della giuria è stata la seguente: “L’ultima scena rimarrà con noi a lungo. Un esempio meravigliosamente intimo e commovente di cinema documentario”.

La regista si è messa alla ricerca dei ricordi di Gulîstan, una sua cara amica, come lei emigrata in Canada, che si è successivamente unita al PKK. Entra così in contatto con un gruppo di guerrigliere che vivono in un costante e impegnativo addestramento fisico e spirituale, pronte a difendere il territorio curdo dalla minaccia dell’ISIS.

Menzione speciale: Becoming Who I Was

Infine Menzione speciale a Becoming Who I Was di Chang-yong Moon, Jin Jeon (Corea del Sud,2016, ’96) con la seguente motivazione: “Sono tempi in cui è più che mai necessario rispettare la fede di ognuno. Questo film ci insegna che dovremmo tutti seguire ciò in cui crediamo, per quanto difficile possa essere raggiungere i nostri scopi”.

L’opera ha come protagonista il piccolo Angdu che viene riconosciuto come la reincarnazione di un monaco tibetano vissuto secoli prima. Il maestro del suo villaggio decide allora di accompagnarlo lungo il percorso che lo porterà dall’India al Tibet.



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Blanca oscuridad e Dhaulagiri ascenso a la montaña blanca: la rielaborazione delle decisioni.

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Due pellicole che raccontano due storie non andate a buon fine e la rielaborazione delle domane e delle decisioni. Blanca oscuridad si basa sulla cronistoria e sulle decisioni prese dai superiori che hanno portato a cattivo fine quella che doveva essere un’esercitazione. Dhaulagiri, Ascenso a la montaña blanca affronta il tema della scelta dal punto di vista personale; restare ad aspettare, scalare una vetta in solitaria, sono decisioni che fanno la differenza tra il tornare a casa o restare per sempre su una montagna.

Blanca Oscuridad

Un film molto intenso risultato di una ricerca durata cinque anni di Juan Elgueta Ortiz regista di questo film.
Si tratta di una storia realmente accaduta che ha sconvolto l’intera nazione Cilena, la morte di quarantaquattro militari durante un’esercitazione per ipotermia. Il documentario viene raccontato dalla voce di uno dei protagonisti della tragedia, che decise nel 2005 di intraprendere la carriera militare nell’esercito cileno.
Il film narra un dettagliato resoconto della fatale giornata, dalle prime ore del giorno, tra testimonianze e documenti storici, con un particolare interesse per le decisioni del comando.
L’equipaggiamento inadeguato durante un’esercitazione, sul vulcano Antuco nella cordigliera andina fu fatale. Una tempesta violenta in mezzo alle Ande senza potersi proteggere, fu praticamente causa della tragedia. Con cura il regista spiega gli effetti dell’ipotermia e gli ordini di continuare la marcia, nonostante il clima, da parte dei superiori, Scelte fatali che portarono la truppa a sopportare condizioni climatiche impossibili. Tra stenti e il freddo, i protagonisti, si alternano nel racconto, rivisitando i luoghi della tragedia. Un film che colpisce come un pugno sullo stomaco, difficile non immedesimarsi, grazie al ricordo ancora vivo dei superstiti, dei familiari, e delle immagini molto curate.

Dhaulagiri, Ascenso a la montaña blanca

Ritornare sui propri passi e rielaborare le scelte che hanno portato una spedizione verso il limite estremo causando la morte di uno dei componenti. Guillermo, Christian, Sebastian e Dario decidono di partire per il Nepal per girare un film sulla loro ascensione del Dhaulagiri.
Il gruppo di amici imposta la spedizione un stile alpino, evitando quindi lo stile himalayano che comporta salire e discese.
Guillermo e Christian hanno sapientemente mostrato, in questo film, le condizioni fisiche e psichiche a cui è sottoposto il corpo umano sopra i 7000m, grazie alle immagini e le testimonianze dei componenti della spedizione.
Un film che racconta come le scelte un alpinismo e la consapevolezza delle proprie capacità sia fondamentale per garantire il proprio ritorno da una montagna così alta.



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venerdì 5 maggio 2017

Film tra ambiente e società: le mie scelte al Trento Film Festival

Siamo arrivati al termine del Trento Film Festival. Tra poche ore conosceremo i vincitori delle Genziane di questa 65° edizione del festival.
Mi manca ancora qualche film da guardare, parlo di “W” che a sentire ha suscitato parecchio interesse e Gulistan, Land of Roses, intanto vi parlo di quanto ho già potuto visionare.

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Iniziamo parlando di tre film che in modo diverso parlano di ambiente:

Woman and the Glacier
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Più che di ambiente, in questo film, salta subito evidente la solitudine. Siamo nel Tian Shan, Kazakistan, Ausra Revutaite è una ricercatrice lituana, che da più di trent’anni trascorre le sue giornate in una postazione glaciologica eretta in epoca sovietica.
Il suo lavoro è quello di raccogliere informazioni sul vicino ghiacciaio, ogni giorno. Vive nella totale solitudine insieme ad un cane e un gatto. Nel film, Ausra non parla quasi mai. Sono i suoni della natura che fanno da colonna sonora al film, salvo qualche incursione di mezzi fuoristrada, che fanno la spola per i viveri e altro verso la stazione glaciologica.
Il regista in questo film, di 57 minuti, riesce a interpretare in modo mai noioso il passare del tempo, dando ampio risalto agli strumenti di misurazione che vengono utilizzati dalla protagonista. In un modo o nell’altro ci rendiamo conto di quando sia lontano dalla quotidianità il lavoro di Ausra. Immagini affascinanti, testimonianza dello scioglimento del ghiacciaio, che elevano questo film ad ottimo lavoro.

Jardines de Plomo (Giardini di piombo)
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Ci troviamo nelle Ande peruviane, qui una maestra decide, insieme ai suoi alunni, di indagare sul motivo per cui capi di bestiame stiano morendo. In breve tempo e grazie alle analisi, tramite micro-invertebrati, Silvia (la maestra) scopre che l’acqua del fiume è contaminata da metalli pesanti provenienti dalla lavorazione di una miniera non lontano dal villaggio.
Un film che racconta, come già accade in molte parti del mondo (e in Italia), come gli interessi economici prevalgano sulla salute dei cittadini. Un’intera popolazione che vive del lavoro in miniera, che a sua volta, per via della corruzione e dei mancati controlli, inquina l’ambiente. La richiesta dei ragazzi della scuola, della maestra e degli agricoltori della valle, si scontrerà con gli interessi dei padroni della miniera e dei minatori.
Alessandro Pugno, ha realizzato un difficile lavoro di produzione in questo film, basta solo osservare quanto sia entrato in contatto con le famiglie che vivono in questa regione. Un film che offre uno spaccato di società andina e al contempo denuncia, ancora una volta, i problemi ambientali causati dall’industria mineraria.
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The Botanist

Rimaniamo in tema ambientale, ma in Tagikistan. Raimberdi è un botanico e maestro di scuola. In seguito alla guerra civile ha perso tutto e si è trasferito con la famiglia nelle desertiche montagne del Pamir. Il suo tempo libero è dedicato con passione alla raccolta delle specie botaniche, della valle, in un erbario. Un’uomo che con ingegno ha saputo risolvere i piccoli e grandi problemi di autosufficienza che si incontrano in un luogo così remoto. La prima impressione è quella di avere a che fare con un protagonista agricoltore, ma con lo scorrere del film, ci si accorge quanto acuto sia il suo intelletto e come sia stato capace di risolvere annosi problemi del villaggio. Mai fermarsi alle apparenze, un film consigliato.
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Those Who Remain

Da uno spaccato di società isolata ad uno di comunità. Siamo in Libano a confine con la Siria. Qui una comunità di sunniti, sciiti, maroniti vive in continuo contrasto. La guerra civile dal ’75 al ’90 ha fortemente segnato la convivenza tra gli abitanti della regione di Al Shambouk. Il film racconta, nel modo classico dell’intervista, infrangendo la neutralità del documentario con dialoghi tra regista e protagonisti, i contrasti tra i possessori di terre, i rapporti tra Heykal e i propri figli e i problemi politici di questa regione. Heykal è un uomo determinato, che nonostante i problemi di convivenza, la rivendicazione delle terre, non si da per vinto e continua la sua vita, regolarmente, lasciando il segno nella sua comunità. Il protagonista allo stesso tempo è testimone di uno spaccato di società, che di un libano al tempo del terrorismo. Un film molto interessante.
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Film Trento Film Festival: L’arrampicata al femminile

Scorrendo il catalogo dei film nella sezione Alp&Ism sono incappato in tre cortometraggi che hanno un filo comune. Si tratta di film dedicati, a chi secondo il mio parere, sta facendo qualcosa di nuovo in arrampicata, ovvero le donne.

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Tre punti di vista diversi, tre modi di scalare e frequentare differenti per Brette Harrington, Mar Alvarez e Caroline Civaldini.

Brette

Un corto di 10′ che racconta le imprese in giro per il mondo della climber americana (Brette Harrington) alla scoperta dei “Big wall”. Brette, nel film, traspare, come un talento fresco e giovane, che ama confrontarsi con la roccia, le difficoltà su vie molto lunghe che metterebbero a dura prova i climber più in voga del momento. Il cortometraggio in se non offre nulla di nuovo sul panorama a livello tecnico che registico. Sicuramente da vedere per gli amanti delle vie ambientate nei grandi spazi naturali del nostro pianeta.

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Mar Alvarez – No logo

Otto minuti che mantengono alta l’attenzione per questa arrampicatrice spagnola che per il livello si potrebbe dire sia professionista, ma che invece non lo è, anzi tutt’altro.
Mar è la quarta donna al mondo ad aver scalato due 9a e quinta al mondo un 9a, e cosa non da poco lavora come vigile del fuoco. Le immagini sono molto curate e raccontano in modo efficace e veloce quale sia la giornata di Mar, tra allenamento e lavoro. Un documentario piacevole e di ispirazione per molte
climbers.

Shifting Dreams

Ultima, ma non in ordine di importanza è la storia di Caroline Civaldini, francese, arrampicatrice di calibro internazionale. Nonostante il documentario usi il modo classico dell’intervista frontale, il documentario di 32′ racconta in modo efficace i progressi di Caroline prima di intraprendere il suo progetto.
Immagini spettacolari in alta quota, infatti, raccontano la salita di Voie Petit sul Gran Capucin nel Massiccio del Monte Bianco. Il film, diretto da Chris Prescott, non è certo al risparmio di mezzi e segue l’arrampicatrice fino in vetta, mostrandoci a quali difficoltà si va incontro cercando di affrontare una via di questo livello. (8b, 450m a 3800m di quota).



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Metanoia: Una storia oltre l’alpinismo

Al tempo dei Social network, capita di trovarsi in un gruppo di persone che vive la montagna in un modo un po’ “da fighetti”. Pensi sia diventato tutto così il mondo degli arrampicatori finché non incappi in una serata con Thomas Huber.
Thomas è capace di trasmetterti l’amore per la montagna e la voglia di fare per il proprio piacere ma anche per il benessere degli altri come pochi altri alpinisti sanno fare. Ieri sera, al Trento Film Festival ha nuovamente confermato questa sua capacità, raccontando dei suoi progetti e imprese riuscite o meno.
Stiamo parlando di Metanoia, una difficile via di alpinistica sulla parete nord dell’Eiger, salita in solitaria per la prima volta da Jeff Lowe nell’inverno del 1991.


Thomas il suo socio Stephan Siegrist e Roger Schaeli lo scorso dicembre prima del capodanno hanno ripetuto questa spettacolare via. 
Quello che affascina di questa storia non è, come può sembrare, una ricerca della performance, della gloria, ma qualcosa di molto più profondo che porta le sue origini almeno 29 anni prima.
Thomas è quel genere di alpinista che non si prende troppo sul serio, anche se all’occorrenza sa quando il momento è importante. Ieri sera l’ha fatto ricordando l’amico Ueli Steck. 
Ma seriamente ha preso in considerazione la possibilità di scalare, per una persona che oggi non può più farlo, Jeff Lowe l’apritore di Metanoia.
Un impresa fuori dal comune in solitaria, che nel 1991 ha visto Lowe scalare senza troppi mezzi questa via, un impresa epica se pensiamo anche lo stato d’animo e il difficile periodo di vita che passava in quel momento. 
Thomas e Stephan ieri hanno portato al pubblico più di una storia, ma un modo di vivere l’alpinismo non solo per se stessi, alle ricerca del divertimento e dell’impresa, ma anche della condivisione. 

Metanoia: Jeff Lowe, 199

Metanoia: Thomas Huber, Stephan Siegrist, Roger Schaeli, 2016



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giovedì 4 maggio 2017

Trento Film Festival: i corti

Come sempre iniziamo dai corti in concorso. Cosa mi ha incuriosito in questo festival?

Imàgenes de ningun lugar.

Images of Nowhere (trailer) from Ruben Guzman on Vimeo.

Partiamo da Imàgenes de ningun lugar. Immagini di nessun luogo. Un cortometraggio argentino ad opera di Ruben Guzman di 21′ che indaga sul rapporto tra la nostra esperienza temporale e quello dell’immagine, quale sia il piacere traiamo dal contemplare la natura, e cosa guardiamo in un’immagine di paesaggio.
Ernst Standhardt è stato un fotografo alpinista tedesco che a quanto pare fu il primo a fotografare il Fitz Roy e il Certo Torre. Il corto ci porta a scoprire, sotto forma di saggio cinematografico, il pensiero del fotografo. Un alternarsi di immagini di archivio, fotografie, disegni condite da citazioni di Rainer Maria, Rilke, Raul Ruiz. Da vedere.

489 Years

extrait 489 years FR from AAAR on Vimeo.

Se vi ricordate lo scorso hanno fu proprio un film di animazione a conquistare i vertici del festival. Anche quest’anno tra le selezioni a concorso troviamo un corto di animazione. 489 Years racconta la testimonianza di un soldato che è entrato durante la sua carriera più volta nella regione demilitarizzata tra la Corea del Nord e del Sud. Un film realizzato con la tecnica dell’animazione digitale 3D, mostra la soggettiva del soldato, mentre la sua voce racconta di cosa significhi entrare in quell’area. La terra di nessuno tra le due Coree è oggi un ambiente naturale rigoglioso, ricco di fauna e purtroppo anche di mine. Vi lascio con la sorpresa del finale.

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martedì 2 maggio 2017

Sass Maor by Night


Sass Maor
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